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L'onere della prova nelle verifiche transfer pricing

Gianluca De Martino, dottore commercialista e revisore contabile • ott 31, 2023

Commento alla Sentenza della CGT di secondo grado della Lombardia n. 45/15/2023

La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, con la sentenza n. 45/15/2023, ha statuito che le verifiche condotte nell’ambito dei prezzi di trasferimento (c.d. Transfer Pricing) pongono in capo all’Amministrazione Finanziaria, visto l’art. 2697 del C.C., l’onere di provare che le transazioni infragruppo non siano avvenute secondo normali condizioni di mercato. Tale onere probatorio, inoltre, deve essere assolto rispettando i principi e la prassi operativa enunciati nelle linee guida OCSE in materia di prezzi di trasferimento.

Nel caso di specie, la Società aveva anzitutto ben spiegato quale fosse la propria attività lamentando come il suo settore non centrasse assolutamente nulla con quelli cui appartenevano le Società comparative scelte dall’Ufficio, con evidenti strutture funzionali e di rischio diverse che ne impediscono il confronto. Invece, le Linee Guida OCSE paragrafo D.1.1, punto 1.33 del capitolo I  della traduzione ufficiale, chiariscono che affinché siano utilizzabili per un confronto, le caratteristiche economicamente rilevanti delle transazioni devono essere sufficientemente comparabili. La selezione, dunque, non può prescindere dall’analisi dei c.d. fattori di comparabilità che comprendono le caratteristiche dei beni o dei servizi trasferiti, le funzioni svolte dalle parti in relazione ai beni utilizzati e ai rischi assunti, le clausole contrattuali, le circostanze economiche delle parti e le strategie commerciali adottate dalle parti in causa. È evidente, commenta la Corte, che in settori diversi tali fattori di comparabilità non possono essere riscontrati.

Inoltre, non è sufficiente a tal fine che l’Ufficio abbia costruito il proprio campione comparativo selezionando altre Società con il medesimo codice ATECO, alla luce del fatto che questi codici al loro interno possono comprendere operatori economici di fatto impegnati in settori anche molto diversi tra loro. “La quantificazione di un margine in capo ad un contribuente, infatti, non può esulare dalla sua contestualizzazione; ciò vale in ogni ambito accertativo, ma in particolar modo in materia di prezzi di trasferimento, dove questi principi sono chiaramente statuiti dalle Linee Guida OCSE. In ogni caso, se è vero che l'attendibilità del campione assunto come riferimento non deriva dal dato quantitativo (quante società si considerano) ma dal dato qualitativo (omogeneità delle caratteristiche dimensionali, geografiche e operative delle società che si considerano rispetto a quelle che si valutano) e se è anche vero che, già in astratto, trovare due imprese esattamente sovrapponibili quanto a caratteristiche è impossibile; è altrettanto vero che per ottenere un risultato affidabile e ragionevolmente solido della analisi condotta, il campione di comparables - quand'anche quantitativamente ristretto - deve essere coerente rispetto alla società oggetto di valutazione". La coerenza dei comparativi non è tanto da ricercare nella stessa tipologia di prodotto oggetto di vendita quanto nelle medesime dinamiche che interessano il settore in cui opera la società, con riferimento a:

-      tipologia di attività svolta, quali ad esempio la produzione o la commercializzazione di beni da un lato e la prestazione di servizi dall’altro;

-      caratteristiche della clientela di riferimento;

-      connotazioni dimensionali dell'impresa, guardando ad esempio il livello dei ricavi e il numero di dipendenti;

-      l'area geografica di principale riferimento.

L’elencazione, comunque, non deve mai essere intesa né tassativa quanto esaustiva perché altri fattori e parametri possono essere presi in considerazione, avendo sempre come focus le caratteristiche operative della Società in verifica.

La sentenza in commento, introducendo le proprie motivazioni, ha ripreso gli orientamenti della Corte di Cassazione enunciati nella sentenza n. 15668/2022. In tale contesto, i Giudici di legittimità hanno specificato che in materia di ripartizione dell’onere della prova nell’ambito delle verifiche dei prezzi di trasferimento tra imprese associate, giusto art. 110 comma 7 del TUIR, la prova gravante sull'Amministrazione Finanziaria riguarda “solo l'esistenza di transazioni ad un prezzo apparentemente inferiore a quello normale, incombendo, invece, sul contribuente, giuste le regole ordinarie di vicinanza della prova ex articolo 2697 c.c. ed in materia di deduzioni fiscali, l'onere di dimostrare che tali transazioni siano intervenute per valori di mercato da considerarsi normali.

Il pregio della sentenza emessa dalla Corte Tributaria Lombarda, però, risiede nell’aver meglio specificato che relazioni vi siano tra queste due fasi dell’onere probatorio, il primo a carico dell’Ufficio (dimostrare l'esistenza di transazioni ad un prezzo apparentemente inferiore a quello normale) e il secondo a carico del contribuente (dimostrare che tali transazioni siano intervenute per valori di mercato da considerarsi normali). Ebbene, secondo la Corte esse non sono contestuali bensì conseguenti e da ordinare nel senso che solo dopo che l’Amministrazione Finanziaria abbia ben dimostrato all’esito di un’analisi di comparabilità condotta in conformità ai principi enunciati nelle linee guida OCSE che le transazioni infragruppo non siano avvenute a normali condizioni di mercato, l’onere probatorio può essere ribaltato sul contribuente. Inoltre, aggiunge la Corte, laddove “l’analisi comparativa dell’ufficio risulti inattendibile, gli avvisi devono essere annullati indipendentemente dall’attendibilità o meno dell’analisi offerta dalla parte privata”.

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